La creazione dell’uomo
I fallimenti di Enki e Ninmah
Perché le tavolette sumere ritrovate parlano di tentativi di creare il genere umano? Perché come ogni sperimentazione rispettabile al fine di migliorare un qualcosa si procede a piccoli passi, lo stesso fecero gli scienziati Anunna quando decisero di realizzare il primo essere umano.
Nel poema di ATRAHASIS, (il grande saggio), testo scritto in lingua accadica risalente al 1700 a.C., vengono descritti gli eventi che portarono alla creazione dell’uomo. Gli dei minori, chiamati Igigi, mal sopportavano l’enorme carico di lavoro che gli era stato imposto dai loro progenitori, gli dei Anunnaki, così diedero il via ad una rivolta. Gli Anunnaki a quel punto decisero di creare un sostituto che lavorasse sulla terra al posto degli Igigi, una creatura “che potesse portare il giogo degli dei” e che garantisse al loro sostentamento con il proprio lavoro sulla terra. Enki e la dea Mammu crearono l’uomo (Lulu), mischiando all’argilla la carne e il sangue di un dio minore sacrificato per l’occasione.
La creazione del primo uomo da parte degli dei Annunaki
Oltre al mito creazionistico sopracitato esiste un altro testo del secondo millenni a.c., intitolato “Enki e Ninmah”, dal quale si apprende che la creazione dell’uomo non fu affatto semplice. La creazione andò per tentativi anche nel mito Maya della creazione, il dio serpente piumato e le altre divinità primordiali non riuscirono a creare l’uomo al primo tentativo. Anche in quella versione, molto lontana sia per tempo che per spazio servirono alcune prove prima di arrivare al risultato desiderato (i primi due tentativi fallirono, “l’uomo di argilla” e “l’uomo di legno”, mentre il terzo andò a buon fine, “l’uomo di mais”). Come nella tradizione maya Quichè anche in quella mesopotamica il mito di “Enki e Ninmah” riporta l’elenco dei tentativi non riusciti, mentre quello andato a buon fine lo troviamo sia nel poema di ATRAHASIS (il grande saggio) sia nell’ENUMA ELISH (il poema della creazione). Il mito di “Enki e Ninmah” in un certo senso potrebbe essere considerato un’appendice dell’ATRAHASIS o dell’ENUMA ELISH un’approfondimento relativo agli eventi che riguardarono la creazione dell’uomo.
Contenuto della tavoletta d’argilla “Il mito di Enki e Ninmah”, Museo del Louvre- Parigi
Il testo si apre con la situazione già descritta nell’ATRAHASIS (il grande saggio). Gli dei sono divisi in due categorie: gli Anunnaki e gli Igigi. Quest’ultimi, in quanto dèi minori, spettava il duro lavoro sulla terra, indispensabile per il sostentamento dei loro progenitori Anunnaki. Gli Igigi stanchi di questa vita, incrociarono le braccia e cominciano a protestare per la loro disagiata condizione. Nel mito di “Enki e Ninmah” vengono tralasciati i dettagli della protesta ma grazie al contenuto dell’ATRAHASIS sappiamo che non fu affatto una contestazione pacifica, quanto più una tumultuosa rivolta che arrivò fino alle porte della dimora di Enlil, il dio che regna sulla terra. Secondo il mito di “Enki e Ninmah” il lamento degli Igigi arrivò anche all’Apsu, la dimora di Enki, che venne svegliato da tutto quel rumore. Namma (o Nammu, probabilmente la madre primordiale degli dei che i babilonesi nell’Enuma Elish chiamano Tiamat) spiegò ad Enki il motivo di tanto rumore e gli suggerì di sollevare gli Igigi dal gravoso incarico, creando un sostituto che potesse portare il giogo del lavoro al posto loro. Enki nella sua grande saggezza decise che una simile cosa era fattibile, dunque fece convocare sua sorella Ninmah (Ninhursag) e le diede le istruzioni necessarie per creare l’uomo, in più fece convocare le dee della nascita in modo da assistere la sorella in quell’opera.
Estratto dalla tavoletta del mito di “Enki e Ninmah”
In quei giorni, i giorni in cui cielo e terra vennero creati,
In quelle notti, le notti in cui cielo e terra vennero creati,
In quegli anni, gli anni in cui i destini vennero fissati,
quando gli dei Anunna generarono,
quando le dee (madri e figlie) si sposarono,
quando le dee (madri e figlie) abitarono cielo e terra,
quando le dee (madri e figlie) diventarono pregne,
e gli dei dovevano portare il cibo nelle sale da pranzo,
gli dei maggiori sorvegliavano il lavoro, e gli dei minori portavano
il giogo del lavoro.
Lavoravano ai canali della terra di Arali, nella terra e nell’argilla,
ma smisero i lavori per lamentarsi di questa vita.
Quel giorno il creatore, il grande dio dalla grande sapienza,
Enki, nel suo Engur, il luogo delle acque sotterranee che nessun dio conosce,
dormiva nelle sue stanze e fu svegliato
dagli dei che si lamentavano
e si alzò dal suo letto.
La dea Namma, la prima madre che diede nascita agli dei,
portò le lacrime degli dei minori a suo figlio che dormiva,
a colui che giaceva nel suo sonno,
(….)
“Dio Creatore, le tue creature si lamentano,
figlio, alzati dal tuo giaciglio, rivolgi il tuo sguardo, la tua
saggezza,
crea per gli dei un sostituto, così che loro siano liberi dal giogo
del lavoro”
(traduzione:http://gizidda.altervista.org/container/sumerian_myths_translated_finale.pdf)
Una delle creature generate da Ninmah con l’argilla
Ninmah prese l’argilla come indicato da Enki e modellò la creazione, ma tutte la sue creature avevano gravi difetti che non gli permettevano di svolgere il compito per il quale erano stati pensati, ovvero lavorare sulla terra al posto degli Igigi in modo da portare il cibo nelle sale da pranzo degli dei. Ninmah, assistita delle dee della nascita, fece ben sei tentativi ma non trovo mai la ricetta giusta per creare un uomo compiuto. Il primo uomo non riusciva ad usare le mani, il secondo uomo aveva problemi alla vista, il terzo non riusciva a camminare, il quarto non tratteneva l’urina, il quinto era una donna ma non poteva partorire e il sesto era privo di organi genitali. I tentativi di Ninmah si rivelarono un totale fallimento e quest’ultima si abbandonò al dispiacere sconsolata per aver deluso le aspettative del fratello Enki. Tuttavia Enki, dio che in tutta la tradizione mesopotamica si distingue sempre per la sua grande saggezza e benevolenza, non buttò all’aria le creature imperfette che la sorella aveva generato, ma assegnò a loro un destino che tenesse conto delle loro gravi menomazioni.
Estratto dalla tavoletta del mito “Enki e Ninmah”
Ninmah prese l’ argilla delle terre a nord dell’ Abzu,
creò un uomo ma egli non teneva le mani dritte,
Enki vide l’ uomo, egli non teneva le mani dritte, e decretò il suo destino,
e lo mise nel campo del re come servitore.
La seconda creazione fu un uomo che sfuggiva la luce,
Enki vide che l’ uomo rifuggiva la luce,
e decretò il suo destino, ne fece un abile musicista,
lo mise nel campo del re.
Il terzo uomo che fu creato aveva i piedi che non funzionavano,
Enki allora vide che l’ uomo non sapeva usare i piedi,
e lo rese un grande lavoratore dell’ argento lucente.
Il quarto uomo non sapeva trattenere l’ urina,
ed Enki vide che l’ uomo non tratteneva l’ urina,
e lo fece giacere nell’ acqua che scacciò il suo male.
Il quinto era una donna che non poteva partorire,
Enki vide che la donna non poteva partorire,
e ne fece una ancella nella casa della regina.
Il sesto era un essere senza pene ne vagina,
Enki vide che l’ essere non aveva pene ne vagina e ne decretò il
destino,lo chiamò ‘dono di Nippur’ e
ne fece un attendente per il re.
(traduzione:http://gizidda.altervista.org/container/sumerian_myths_translated_finale.pdf)
Curiosamente, come ho anticipato nell’introduzione, anche nel Popolo VUH (il testo della creazione Maya) si fa riferimento ad un paio di tentativi di creare l’uomo che non diedero i risultati aspettati. Secondo la tradizione Maya Quichè il primo uomo creato dall’argilla era deforme e non era in grado di reggersi in piedi, aveva la vista velata ed era privo di forza, tutte caratteristiche che ricordano molto i difetti della prima creazione descritti nel mito mesopotamico di “Enki e Ninmah”.
Questo non è l’unico punto in comune tra questi due testi creazionistici dato che in un passaggio del popolo Vuh, al punto in cui gli dei primordiali si interrogano sul da farsi, dopo aver visto con dispiacere che gli animali sono creature inconsapevoli, totalmente incapaci di adorare e di riconoscere i propri artefici divini.
Leggiamo le seguenti parole pronunciate dagli dei:
“Abbiamo già provato con le nostre prime opere, le nostre prime creature; ma non riuscimmo a farci lodare e venerare da esse. Ed allora proviamo a fare degli esseri obbedienti, rispettosi, che ci sostentino e ci nutrano”. Così come nella tradizione Maya, anche secondo quella mesopotamica l’uomo fu creato per garantire il sostentamento degli dei. A questo riguardo le incisioni sulla tavoletta che contiene il mito di “Enki e Ninmah” parlando degli Igigi (in futuro sostituiti degli uomini) usa parole inequivocabili: “dovevano portare il cibo nelle sale da pranzo” (degli Anunnaki).
Piu’ approfondiamo la lettura dei testi antichi e più si fa evidente un unico filo conduttore per tutte le civiltà del pianeta.
Certamente non può essere un caso neppure il parallelismo che esiste tra le figure principali del panteon Maya e quello mesopotamico. Da un lato, in Messico il dio principale del panteon è rappresentato da un serpente piumato (chiamato con vari nomi, Kukulcan, Gukumatz, ecc..), dall’altro in Mesopotamia gli dei che hanno un ruolo nel destino dell’uomo sono Enki (il serpente) e suo fratello Enlil (l’aquila). L’aquila regna sulla terra e l’aria mentre il serpente, regna nell’Apzu e nel sottosuolo, due entità che per quanto separate incrociano molte volte le loro sorti, in particolare nell’episodio del diluvio (presente anche nel popolo Vuh e in molti altre culture di ogni parte del mondo).Il mito che stiamo analizzando continua con Enki e Ninmah che si invertirono i ruoli. Dopo i tentativi falliti da Ninmah, Enki prese in mano la creazione lasciando alla sorella la facoltà di decidere i destini. Enki creò una creatura dalle fattezze umane e disse a Ninmah di mettere il suo seme all’interno dell’utero di una donna (presumibilmente una dea dato che l’essere umano compiuto non era ancora stato creato). Il nuovo tentativo portò a risultati ancor peggiori dei precedenti, con la nascita di una creatura malata, chiamata Umul.
Estratto dalla tavoletta del mito di “Enki e Ninmah”
Enki creò allora una forma che aveva testa e bocca,
e disse a Ninmah:
“versa il seme maschile nell’ utero di una donna”
Ninmah si avvicinò al nuovo nato,
colui che la donna aveva partorito era deludente,
egli era Umul, la sua testa era malata, il suo (…) era malato, gli
occhi e il collo erano malati, non respirava, i polmoni e gli organi interni erano malati,
con le sue mani malandate e la sua schiena malandata non riusciva a
nutrirsi, con i piedi e la schiena malati non poteva lavorare, così fu creato.
Enki disse allora a Ninmah:
“Gli esseri che hai creato, ne ho decretato i destini, ho nutrito;
tu ora, degli esseri che creo, decreta i destini e metti da mangiare
nel loro piatto.”
Ninmah guardò ad Umul e si avvicinò,
all’ essere malato parlò ma lui non sapeva parlare,
gli porse del cibo ma lui non riusciva ad afferrarlo,
non sapeva usare attrezzi, non poteva giacere,
non poteva sedersi se in piedi, non sapeva mantenere (?) la casa e
non sapeva nutrirsi Ninmah disse ad Enki:
“L’ essere che hai creato è vivo e morto, non può badare a se stesso
e non può vivere”.
(traduzione:http://gizidda.altervista.org/container/sumerian_myths_translated_finale.pdf)
Enki decretò che fosse Ninmah a decidere il destino di Umul, la creatura malata, come lui aveva fatto per i sei tentativi fatti dalla sorella. Ninmah non fu capace di stabilire un destino per questa creatura in quanto era viva e morta alla stesso tempo e non era in grado di badare a se stessa. Enki la rimproverò ricordandole le sei creature imperfette che lei aveva generato e come lui stesso avesse stabilito un destino adatto per ognuna di loro, nonostante le loro menomazioni. A questo punto la tavoletta d’argilla è danneggiata e manca una considerevole parte del testo, in ogni caso si può intuire che Ninmah sentendosi rimproverata reagì ricordando ad Enki un disastro non specificato avvenuto nella sua città, rinfacciandogli di non essersi curato di quando lei dovette abbandonare l’E.Kur (il tempio di Nippur) e quando suo figlio (il nome non viene indicato) fu costretto a fuggire. Enki risponde a Ninmah di pensare al destino della creatura, invitandola a dargliela indietro (forse per poter decidere lui stesso del suo destino). Enki chiude la discussione con la sorella decretando, che quel giorno, quello delle creazioni, fosse comunque lodato e festeggiato nonostante i risultati non fossero stati all’altezza delle aspettative.
Estratto dalla tavoletta del mito di “Enki e Ninmah”
La mia città e la mia casa son distrutte, mio figlio fuggitivo,
io stessa ho dovuto lasciare l’ E.Kur come fuggitiva,
non ho potuto evitare la tua mano!”
Enki rispose a Ninmah:
“Chi può cambiare le parole che hai pronunciato?
La creatura malata (…) libera dalla prigionia (?)
Ninmah, il tuo lavoro (la tua opera) sia (…) promettesti di (…) il
mio lavoro imperfetto, chi può contraddirlo?
L’ essere che ho creato, lascia che io lo abbia indietro,
sia oggi lodata la mia stirpe (?) sia riconosciuta la tua saggezza,
che gli Enkum e i Ninkum possano stare di fronte a noi e pronunciare le parole della tua
gloria, sorella mia, tu eroina, siano scritte (…) canzoni (…)
(traduzione:http://gizidda.altervista.org/container/sumerian_myths_translated_finale.pdf)
Cesare Valocchia