Lo scheletro di un gigante alto circa 24 metri fu scoperto a Napoli nel 1938.
La storia occultata
Per chi non avesse letto l’altro mio post su questo gigante ritrovato, ecco il link all’articolo.
Uno dei più significativi archeologi del Novecento è stato Amedeo Maiuri (1886-1963), il cui nome purtroppo oggi non dice nulla ai più (come del resto quello di Giacomo Boni), nonostante a lui si debbano le campagne archeologiche nel Dodecanneso e soprattutto la direzione dei decennali scavi a Pompei, Ercolano, a Cuma, a capri e ai Campi Flegrei.
Ora si scopre un momento particolarissimo, sconosciuto e misterioso della sua attività con la mostra “Il più grande artista del mondo al Museo Nazionale Archeologico di Napoli” dove si presentarono reperti, fotografie e documenti sino ad oggi ignoti, ritrovati dalla Associazione Brigataes per puro caso negli archivi del Museo.
Di che si tratta?
Nel 1938 durante gli scavi condotti da Maiuri in cima alla acropoli di Cuma venne rinvenuto nei pressi del tempio di Giove qualcosa di inaspettato e sconvolgente: giganteschi frammenti ossei che per le loro dimensioni potevano far supporre di appartenere ad uno scheletro altro almeno 24 metri di un essere vissuto 40mila anni fa (vale a dire al momento del passaggio dall’Homo Neandhertalensis all’Homo Sapiens).
Agli archeologi italiani si aggregò il tedesco Ralph von Koenigswald (1902-1982), da anni alla ricerca di prove ulteriori per identificare il Giganthopitecus (la definizione è sua) da quando nel 1935 ne aveva trovato dei enormi molari a Hong Kong.
Quando poi dagli scavi emerse anche «una frazione di lastra in pietra con traccia di pittura rupestre che rivelava una forma simbolica sconosciuta», il paleontologo tedesco definì subito quello scheletro «il più grande artista del mondo».
Tutto questo materiale avrebbe dovuto far parte di una esposizione da inaugurarsi nel 1939, ma lo scoppio della guerra ne impedì la realizzazione e così ossa, foto e documenti finirono nei magazzini del Museo Archeologico napoletano e nessuno ci pensò più.
Fino alla odierna fortunata ed eccezionale scoperta dovuta come detto ai membri della Brigataes, la sigla di «produzione estetica» alla quale si devono già molti interventi urbani e istallazioni e video.
I visitatori troveranno nella Sala della Meridiana del museo napoletano i reperti estratti dal suolo dell’acropoli (un teschio, un femore, una mano), fotografie, un filmato di cinque minuti dell’Istituto Luce, documenti dell’epoca, ma anche altri manufatti litici ritrovati sul posto e il catalogo della mostra stessa con testi critici pubblicato alla Editoriale Scientifica.
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NB. L’informazione ti deluderà, ma questo gigante non è reale come quelli ritrovati in Sardegna o altre zone del pianeta.
E’ un opera artistica in polistirolo.
Capisco che tu sia sorpreso.
Il tutto è voluto essere uno studio personale di marketing settoriale per valutare l’approccio di uno specifico pubblico, diviso per conoscenza media nella veridicità di alcune tematiche, età, paese di connessione e sesso ed altre variabili nell’impattare alcune notizie ed in che misura tale pubblico di primo acchitto ritenga veritiere informazioni difformi da cui si è abituati a credere.